Papa Francesco apre sul fine vita: “Si possono sospendere le cure quando non sono proporzionali”

 

 

Pope Francis looks on during a private audience with German President Frank-Walter Steinmeier (not pictured) at the Vatican October 9, 2017. REUTERS/Andreas Solaro/Pool

Il Papa sottolinea come è “insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma non sulla persona”

Per Papa Francesco è “moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito “proporzionalità delle cure”. Francesco lo ha scritto nel messaggio al convegno sul “fine vita” promosso dalla Pontificia Accademia invocando “un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona”.

Nella Lettera a monsignor Vincenzo Paglia e ai partecipanti al Meeting regionale europeo della World Medical Association, e citando la Dichiarazione sull’eutanasia del 5 maggio 1980, il Papa ne ha parlato con la consapevolezza dei successi raggiunti dalla medicina in campo terapeutico e di quanto “gli interventi sul corpo umano diventino sempre più efficaci, ma non sempre risolutivi”, Una scelta, quella di sospendere le cure – ha aggiunto il Pontefice, secondo quanto riporta Radio Vaticana – che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di “non poterla più contrastare”, “senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere”. Un’azione, dunque, “che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte”.

Per un attento discernimento, ha spiegato infatti Francesco, tre sono gli aspetti da considerare: “L’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e relazionale della vita – e del morire stesso, che è pur sempre un momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità dell’essere umano. In questo percorso – ha sottolineato il Pontefice – “la persona malata riveste il ruolo principale. Lo dice con chiarezza il Catechismo della Chiesa Cattolica: ‘Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità’. È anzitutto lui che ha titolo, ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella situazione concreta, rendendone doverosa la rinuncia qualora tale proporzionalità fosse riconosciuta mancante”.

Il Papa non ha nascosto la difficoltà della valutazione, soprattutto se si considerano le molteplici mediazioni” a cui è chiamato il medico: “richieste dal contesto tecnologico e organizzativo”. Altra sua preoccupazione, la disuguaglianza terapeutica “presente anche all’interno dei Paesi più ricchi, dove l’accesso alle cure rischia di dipendere più dalla disponibilità economica delle persone che dalle effettive esigenze di cura”. Da qui, la necessità di tenere “in assoluta evidenza il comandamento supremo della prossimità responsabile” con “l’imperativo categorico” “di non abbandonare mai il malato” perché, spiega ancora Francesco, la relazione “è il luogo in cui ci vengono chiesti amore e vicinanza, più di ogni altra cosa, riconoscendo il limite che tutti ci accomuna e proprio lì rendendoci solidali. Ciascuno dia amore nel modo che gli è proprio. Ma lo dia!”. In questa cornice d’amore, con la consapevolezza che non si può sempre garantire la guarigione e non ci si deve accanire inutilmente contro la morte, “si muove la medicina palliativa” che “riveste una grande importanza anche sul piano culturale, impegnandosi a combattere tutto ciò che rende il morire più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine”.

Bergoglio contro i negazionismi sul riscaldamento globale

Il Pontefice è intervenuto anche su un altro tema di strettissima attualità: il clima. “Dovremmo evitare di cadere in questi quattro atteggiamenti perversi, che certo non aiutano alla ricerca onesta e al dialogo sincero e produttivo sulla costruzione del futuro del nostro pianeta: negazione, indifferenza, rassegnazione e fiducia in soluzioni inadeguate”, ha scritto Bergoglio in un messaggio inviato a Frank Bainimarama, premier delle Fiji, presidente della 23sima sessione della Conferenza sulla convenzione-quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici in corso a Bonn.

Il monito di Francesco ai sacerdoti: “Le chiacchiere in Chiesa sono come il terrorismo”

“È molto triste” quando in un sacerdote “l’unità pastorale, di tutti intorno al vescovo”, “non esiste, è apparente”: “e lì dominano le chiacchiere, le chiacchiere distruggono la diocesi, distruggono l’unità dei presbiteri, fra loro e col vescovo”, ha affermato il Pontefice ricevendo oggi in udienza i partecipanti all’Assemblea Internazionale della Confederazione Unione Apostolica del Clero.

“Fratelli sacerdoti – ha esortato il Papa -, io mi raccomando, per favore: sempre vediamo cose brutte negli altri, sempre – perché le cataratte a quest’occhio non vengono -, gli occhi sono pronti a vedere le cose brutte, ma mi raccomando di non arrivare alle chiacchiere”. “Se io vedo cose brutte, prego o, come fratello, parlo – ha aggiunto. Non faccio il ‘terrorista’, perché le chiacchiere sono un terrorismo. Le chiacchiere sono come buttare una bomba: distruggo l’altro e me ne vado tranquillo”. “Per favore, niente chiacchiere, sono il tarlo che mangia il tessuto della Chiesa, della Chiesa diocesana, dell’unità fra tutti noi”, ha ribadito

“Oggi abbiamo tanto bisogno di comunione, nella Chiesa e nel mondo”, ha detto ancora il Papa nel suo discorso, in cui ha invitato anche i ministri ordinati a resistere “alla mondanità, alla tentazione della mondanità spirituale, tante volte nascosta nella rigidità: una chiama l’altra, sono ‘sorellastre’, una chiama l’altra”.