Monitoraggio della contaminazione ambientale costiera nel litorale settentrionale del Golfo di Catania, tramite l’uso della specie bioindicatrice Mytilus galloprovincialis.

Monitoraggio della contaminazione ambientale costiera nel litorale settentrionale del Golfo di Catania, tramite l’uso della specie bioindicatrice Mytilus galloprovincialis.

1.0 Introduzione

I sistemi semi-chiusi delle aree marine costiere, specialmente le baie, i golfi, gli estuari e le lagune sono particolarmente sensibili alla contaminazione ambientale, soprattutto quella proveniente principalmente dalla costa a causa delle attività umane. Tali aree vengono generalmente indicate come “hotspots”, o punti caldi, e sono associate ad aree altamente urbanizzate o industrializzate (DEQ, 1998; WHO, 2012). Nelle aree così caratterizzate, un regolare monitoraggio ambientale tramite l’uso di specie bioindicatrici fornisce informazioni importanti per la comprensione delle risposte biologiche degli organismi.

I molluschi sono noti per essere ottimi bioindicatori della qualità ambientale in quanto non possiedono i meccanismi biochimici o fisiologici in grado di regolare le concentrazioni tissutali dei contaminanti. In questo modo, l’organismo scelto ha la capacità di concentrare le sostanze chimiche nei propri tessuti in maniera proporzionale al loro livello ambientale, ed in particolare i molluschi bivalvi essendo organismi sedentari e filtratori, concentrano i contaminanti ambientali dal sedimento, dal particolato sospeso e dalla colonna d’acqua (Laffon et al., 2006). Il monitoraggio mediante gli organismi filtratori fornisce quindi indicazioni alternative, o meglio complementari, a quelle dei sedimenti, soprattutto relativamente alla contaminazione della colonna d’acqua, rispetto alla quale i bioaccumulatori possono presentare concentrazioni superiori (Carro et al., 2004). Inoltre, l’analisi dei tessuti dei bivalvi consente di valutare la frazione biodisponibile dell’inquinante (Baumard et al.,1999).

Tramite il Mussel Watch Project negli USA (Farrington et al., 1983) sono stati sviluppati i primi piani di monitoraggio usando mitili per valutare gli andamenti nello spazio e nel tempo delle concentrazioni dei contaminanti nelle regioni di costa ed estuarine. Ad oggi il vasto impiego dei mitili in campagne di biomonitoraggio è dovuto alla loro resistenza, alla facilità di recupero e di impiego per gli esperimenti di biomonitoraggio (Nasci et al., 2002) e alla loro larga diffusione nella maggior parte delle zone costiere del mondo (Ortiz-Zarragoitia e Cajaraville, 2006).

Obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare il bioaccumulo di elementi in tracce in campioni di Mytilus galloprovincialis traslocati per periodi di 4 settimane in prossimità di aree portuali del litorale settentrionale del Golfo di Catania.

1.1 I Metalli

La contaminazione da metalli pesanti da tempo è sempre al centro dell’attenzione in tutto il mondo in generale e nei paesi in via di sviluppo in particolare.

Le molteplici applicazioni industriali, domestiche, agricole, mediche e tecnologiche di questi metalli hanno portato alla loro ampia distribuzione nell’ambiente, sollevando preoccupazioni sui loro potenziali effetti sulla salute umana, anche attraverso l’approvvigionamento alimentare, e sull’ambiente. La loro tossicità dipende da diversi fattori, tra cui la dose, la via di esposizione, le specie chimiche coinvolte, così come l’età, il sesso, la genetica, e lo stato nutrizionale degli individui esposti (Tchounwou et al., 2014)

Il termine “metalli pesanti” si riferisce a qualsiasi elemento metallico che ha una densità relativamente elevata e che risulta essere tossico anche a bassa concentrazione.

In particolare questo termine collettivo si applica al gruppo di metalli e metalloidi in cui si possono riscontrare le seguenti caratteristiche:

– densità superiore ai 5,0 g/cm3

– si comportano in genere come cationi

– bassa solubilità dei loro idrati

– spiccata attitudine a formare complessi

– affinità verso i solfuri (da metalli pesanti e intossicazioni)

Tra i metalli pesanti distinguiamo:

-Metalli essenziali, così chiamati perché esercitano funzioni biochimiche e fisiologiche nelle piante e negli animali. Essi sono importanti costituenti di diversi enzimi chiave e svolgono un ruolo importante in varie reazioni di ossido-riduzione; a questi appartengono il cobalto (Co), il rame (Cu), il cromo (Cr), il ferro (Fe), il magnesio (Mg), il manganese (Mn), il molibdeno (Mo), il nichel (Ni), il selenio (Se) e lo zinco (Zn);

-Metalli non essenziali, che non ricoprono funzioni biologiche elaborate e comprendono alluminio(Al), antinomia (Sb), arsenico (As), bario (Ba), berillio (Be), di bismuto (Bi), cadmio (Cd), gallio(Ga), germanio (Ge), oro (Au), indio (In), piombo (Pb), litio (Li), mercurio (Hg), nichel (Ni),platino (Pt), argento (Ag), stronzio (Sr), tellurio (Te), tallio (Tl), stagno (Sn), titanio (Ti), vanadio(V) e uranio (U) (Tchounwou et al., 2014).

Sebbene dunque alcuni di questi siano essenziali per il metabolismo, diventano tossici quando superano una certa concentrazione citoplasmatica. Le cellule sono in grado di percepire i cambiamenti nelle concentrazioni citoplasmatiche dei metalli e di coordinare l’espressione dei geni che sono coinvolti nell’assorbimento, nella distribuzione, nel sequestro e nell’utilizzo dei metalli. Gli effetti biotossici di molti di loro in biochimica umana sono di grande preoccupazione, vi è quindi la necessità di comprendere i corretti parametri, le concentrazioni e gli stati di ossidazione, che li rendono nocivi e il meccanismo attraverso cui si realizza la biotossicità.

E’ anche importante conoscere le loro fonti, le conversioni chimiche e le modalità di deposizione che derivano dall’inquinamento ambientale.

L’esame della letteratura inerente ci consente di comprendere che questi metalli vengono rilasciati nell’ambiente da processi naturali, dal momento che alcuni di questi sono costituenti della crosta terrestre e contaminano l’ambiente in

maniera persistente poiché non possono essere degradati o distrutti, e da fonti antropiche, in particolare dalle attività estrattive, industriali e dagli scarichi di automobili.

Attraverso i fiumi e i corsi d’acqua, i metalli vengono trasportati sia come specie disciolte in acqua (queste hanno un potenziale maggiore di causare effetti deleteri), sia come parte integrante dei sedimenti in sospensione contaminando in tal modo l’acqua proveniente da sorgenti sotterranee, in particolare dai pozzi. L’avvelenamento e la tossicità negli animali si verificano di frequente attraverso meccanismi di scambio. I metalli pesanti, una volta ingeriti, si combinano con le biomolecole del corpo, come le proteine e gli enzimi per formare composti biotossici stabili, mutando in tal modo le loro strutture ed ostruendo i normali processi fisiologici (Morais et al., 2012).

Nei sistemi biologici, i metalli pesanti sono in grado di influenzare organelli e componenti come la membrana cellulare, mitocondriale, i lisosomi, il reticolo endoplasmatico, il nucleo e alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo e nella riparazione di danni cellulari. Gli ioni metallici inoltre interagiscono con componenti cellulari come DNA e proteine nucleari, causando danni al DNA stesso e cambiamenti conformazionali che possono portare a modificazioni del ciclo cellulare, a carcinogenesi e apoptosi (Tchounwou et al., 2014). In particolare i gruppi sulfidrici (SH), normalmente presenti negli enzimi che controllano la velocità delle reazioni metaboliche nel corpo umano, si legano facilmente ai metalli pesanti, costituendo un complesso metallo-zolfo che interessa tutto l’enzima il quale non può quindi funzionare normalmente, perdendo la propria funzionalità di catalizzatore.

Nell’uomo l’eliminazione di tali metalli avviene solo in minima parte (per salivazione, traspirazione, allattamento), causandone il bioaccumulo. I residui si accumulano negli esseri viventi ogni volta che sono assimilati ed immagazzinati più velocemente di quanto sono metabolizzati o espulsi. I metalli si concentrano in particolare in alcuni organi, danneggiandoli, come cervello, fegato, reni e nelle ossa, costituendo spesso un fattore aggravante o determinante in numerose malattie croniche. I bambini sono i soggetti più a rischio da esposizione al piombo, al mercurio e agli altri agenti tossici, poiché per unità di peso, mangiano, bevono e respirano tre-quattro volte più degli adulti. Considerando inoltre che la linea di demarcazione fra carenza alimentare di tali sostanze e tossicità è molto sottile, risulta evidente quanto sia importante conoscere la presenza e l’utilizzo di tali elementi nella vita quotidiana (Prasad et al., 2005).

Diversi studi hanno dimostrato che le specie reattive dell’ossigeno (ROS) e lo stress ossidativo giocano un ruolo chiave nella tossicità e cancerogenicità di metalli come arsenico, cadmio, cromo, piombo e mercurio. A causa del loro elevato grado di tossicità, questi cinque elementi si collocano tra i metalli con priorità maggiore per la sanità pubblica.

Secondo l’Agenzia statunitense per la protezione ambientale (EPA), e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), questi metalli sono anche classificati come “conosciuti” o “probabili” cancerogeni per l’uomo sulla base di studi epidemiologici e sperimentali che mostrano un’associazione tra l’esposizione e l’incidenza del cancro negli esseri umani e negli animali (Tchounwou et al., 2014).

2.0 Materiali e Metodi

2.1 Area di studio

Il Golfo di Catania si estende per un’area di circa 300 Km² ed è geograficamente delimitato dalla congiungente Torre Archirafi (37°42.871 N, 015°13.183 E) a Nord, con Capo Santa Croce (37°14.569 N, 015°15.430 E) a Sud. E’ un area che gode di un elevato grado di produttività primaria in primo luogo grazie alla presenza delle foci dei fiumi Simeto e S. Leonardo e in secondo luogo grazie alle correnti che derivano dalla circolazione delle acque nello Stretto di Messina che generano un flusso residuale netto a favore del Mar Ionio; l’area scelta per il nostro studio è il litorale settentrionale del Golfo di Catania, in prossimità di aree portuali commerciali e turistiche (Fig. 1). Questa zona è sottoposta ad un forte impatto antropico, dovuto alla presenza di numerosi impianti turistici, alla striscia di sbarco dell’aeroporto, urbanizzazione spesso illegale che causa la distruzione degli habitat, ma soprattutto alle attività commerciali e diportistiche presenti nella città di Catania, in corrispondenza dei porti. Destano inoltre preoccupazione l’inquinamento delle acque derivante da idrocarburi, scarichi civili ed industriali.

Figura 1. Aree portuali selezionate per il trapianto di organismi di Mytilus galloprovincialis.

All’interno del Golfo è possibile distinguere diverse regioni, ciascuna contraddistinta da caratteristiche proprie peculiari. L’area più a Nord, dominata dall’Etna, è caratterizzata dalle colate laviche del 1669; le sue coste sono costituite prevalentemente da rocce ignee e appaiono dunque notevolmente frastagliate. In quest’area la piattaforma continentale è praticamente assente ed il fondo digrada rapidamente fino a –80 m entro un miglio dalla costa.

L’area centrale del Golfo, più precisamente da Punta Aguzza a Capo Mulini, è contraddistinta dalla presenza dell’Area Marina Protetta “Isole Ciclopi”, la quale si estende davanti al paese di Aci Trezza ed il cui cuore è rappresentato da un piccolo arcipelago composto dall’Isola Lachea e sei faraglioni disposti ad arco. Tali formazioni sono costituite da lave basaltiche, caratterizzate da forme di cristallizzazione colonnare. I fondali della riserva, si presentano lavici fino a circa –30 m di profondità, mentre superati i –50 m il substrato diviene argilloso.

L’area meridionale del Golfo di Catania, si differenzia per la presenza di un’ampia fascia sabbiosa, in corrispondenza del litorale della Playa, che si estende per circa 20 Km, dal porto di Catania fino ad Agnone. Alle spalle di tale area vi è la piana alluvionale di Catania, solcata dai fiumi Simeto e San Leonardo, i quali influenzano l’intera regione apportando un costante rifornimento di nutrienti e materiale sedimentario. Ciò crea le condizioni ottimali necessarie alla fioritura del fitoplancton, con conseguente proliferazione dello zooplancton, nutrimento di pesci ed altri superpredatori come i cetacei. Il tratto più a Sud del Golfo, diviene nuovamente roccioso, contraddistinto stavolta dalle lave e calcareniti pleistoceniche dell’altopiano Ibleo. Qui il fondale è basso e la sua profondità massima non supera i –20 m a 8 miglia dalla costa, a causa della presenza di una grande piattaforma continentale. Essa è stretta ed allungata, e digrada dolcemente sino a circa –90 m, oltre cui si ha un notevole incremento della pendenza.

I parametri fisico-chimici dell’intero Golfo di Catania, sono quelli tipici del bacino ionico. La T° dell’acqua subisce ampie variazioni annuali, con massime superficiali di 26,30 °C, e minime in profondità di 14,68 °C. La saturazione di ossigeno ha valori compresi tra il 90% ed il 110%. La salinità è compresa tra il 38,27‰ ed il 38,62‰. I sali nutritivi sono scarsi. I sedimenti sono distribuiti secondo delle fasce granulometriche allungate parallelamente alla costa; ad una fascia costiera di sabbie fini più o meno limose ne succede una con limi leggermente sabbiosi o argillosi, e quindi una con argille più o meno limose. Inoltre sul bordo della piattaforma, a circa 110 m di profondità, 3 miglia al largo del porto di Catania, è presente una sacca di sabbie fini residuali würmiane. In fine, nei sedimenti sono presenti metalli pesanti distribuiti anch’essi per bande di concentrazione parallele alla costa e per valori crescenti verso il largo, in accordo con la distribuzione granulometrica dei sedimenti.

2.2 Posizionamento delle reste e campionamento dei mitili

Il posizionamento delle rest, i successivi prelievi dei mitili e la loro consegna presso il Laboratorio di Igiene Ambientale degli Alimenti (LIAA) sono stati effettuati a cura dell’Ecosezione Frigia del Movimento Azzurro e sono stati coordinati dal Segretario Dott. Giuseppe Monaco sotto la supervisione  del Presidente Dott. Giovanni Barbagallo per il completamento del progetto scientifico in convenzione fra Ecosezione Frigia del Movimento Azzurro e l’Università di Catania. Nell’area di studio il reperimento di mitili naturali è difficoltoso, per questo motivo l’indagine di monitoraggio è stata effettuata tramite organismi di Mytilus galloprovincialis provenienti da una popolazione allevata in un impianto di mitilicoltura della Sicilia orientale, traslocati in reste per un periodo di 4 settimane della stagione primaverile e un uguale periodo nella stagione autunnale, nelle aree da monitorare prive di organismi nativi.

Gli organismi posizionati nelle reste erano di taglia omogenea, approssimativamente compresa tra il 70 e il 90% delle dimensioni massime della specie, e in ogni resta sono stati posizionati mediamente 100 individui.  Le reste sono state fissate ad una profondità compresa tra 1 e 5 metri e ad almeno 1 metro dal fondo. Trascorse 4 settimane, gli organismi traslocati sono stati recuperati e conservati a -20°C fino al momento delle analisi, effettuate presso il Laboratorio di Igiene ambientale e degli Alimenti (LIAA) dell’Università degli Studi di Catania, Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Tecnologie Avanzate.

2.3 Estrazione e quantificazione dei metalli

Per il trattamento dei campioni in laboratorio è stato utilizzato materiale da dissezione (coltelli, bisturi, pinzette e forbici) in acciaio inossidabile per evitare possibili contaminazioni. Per ogni esemplare, mediante l’utilizzo di una bilancia analitica, sono stati pesati 0,5 g di tessuto muscolare, immediatamente conservati in appositi contenitori, in plastica sterile monouso, prima del successivo ciclo di mineralizzazione.

La mineralizzazione è stata effettuata in vaso chiuso, utilizzando l’apparecchio Milestone Ethos TC. Si tratta, in particolare, di un sistema chiuso a microonde che prevede l’utilizzo di contenitori in PTFE con coperchio, alloggiati in piastre multiple, nei quali sono state trasferite le aliquote di tessuto. Il metodo per i tessuti animali prevede la digestione totale con una miscela di 6 ml di HNO3 al 65% e 2 ml di H2O2 al 30%; per ogni tornata di campioni sono stati preparati anche dei bianchi contenenti solo la soluzione digestiva.

Terminato il ciclo di mineralizzazione, i contenitori sono stati aperti sotto cappa dopo averli lasciati raffreddare a temperatura ambiente per una notte; successivamente i campioni digeriti sono stati trasferiti in provette di plastica sterile e portati ad un volume di 30 ml con acqua bidistillata.

I contenitori utilizzati per la mineralizzazione sono stati sottoposti a lavaggi con acqua acidulata (HNO3 1:5) dopo ogni ciclo digestivo.

L’analisi quantitativa è stata effettuata mediante ICP-MS (Inductively Coupled Plasma-Mass Spectrometry) Perkin Elmer. La tecnica ICP-MS è una tipologia di spettrometria di massa altamente sensibile e in grado di effettuare determinazioni di tipo quali-quantitativo su molteplici sostanze inorganiche, metalliche e non metalliche, presenti anche in concentrazioni inferiori a una parte per trilione. In ICP-MS, il plasma è utilizzato per atomizzare e ionizzare gli atomi del campione. Gli ioni, ottenuti, vengono quindi fatti passare, attraverso un sistema di aperture (coni), nell’analizzatore di massa, nell’ambito di un sistema che lavora sotto vuoto. Gli isotopi degli elementi vengono identificati in base al rapporto massa/carica (m/z), tramite un analizzatore a quadrupolo, e l’intensità di ogni picco è proporzionale alla quantità del particolare isotopo dell’elemento nel campione.

I metalli scelti per le analisi sono: As, Cd, Cr, Cu, Hg, Mn, Ni, Pb, Se

3.0 Risultati e Discussioni

Il regolamento (CE) n. 1881/2006 della commissione del 19 dicembre 2006 definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari poiché ai fini della tutela della salute pubblica è essenziale mantenere il tenore dei contaminanti a livelli accettabili sul piano tossicologico. Nell’ambito di tale normativa, come è noto, sono solo tre i metalli tossici ad essere regolamentati ai fini della tutela della salute dei consumatori, il Pb, il Cd e il Hg. Nel quadro della direttiva 93/5/CEE, è stato attuato nel 2004 il compito SCOOP 3.2.11 relativo alla «valutazione dell’esposizione alimentare all’arsenico, al cadmio, al piombo e al mercurio della popolazione degli Stati membri dell’UE». In considerazione di tale valutazione e del parere del comitato scientifico della valutazione umana, SCF, è opportuno adottare misure volte a ridurre quanto più possibile la presenza di piombo negli alimenti. A tal proposito è stato stabilito il tenore massimo di Piombo nei molluschi bivalvi che corrisponde ad un valore di 1.5 mg/kg.  Per quanto concerne il cadmio, nel parere del 2 giugno 1995 l’SCF ha approvato una PTWI di 7 μg/kg per peso corporeo e ha raccomandato di intensificare gli sforzi per ridurre l’esposizione alimentare al cadmio, dal momento che i prodotti alimentari sono la principale fonte di assunzione di cadmio nell’uomo. Con il compito SCOOP 3.2.11 è stata effettuata una valutazione dell’esposizione alimentare. In considerazione di tale valutazione e del parere dell’SCF, è opportuno adottare misure volte a ridurre quanto più possibile la presenza di cadmio negli alimenti. A tal proposito è stato stabilito il tenore massimo di cadmio nei molluschi bivalvi che corrisponde ad un valore di 1 mg/kg. Per quanto concerne il mercurio, l’EFSA ha adottato, in data 24 febbraio 2004, un parere sul mercurio e il metilmercurio negli alimenti e approvato la dose settimanale tollerabile provvisoria (PTWI) di 1,6 μg/kg per peso corporeo. Il metilmercurio è la forma chimica che desta le maggiori preoccupazioni e può costituire oltre il 90 % del mercurio totale nei pesci e nei frutti di mare. Tenuto conto dei risultati del compito SCOOP 3.2.11, l’EFSA ha concluso che destavano minore preoccupazione i tenori di mercurio riscontrati negli alimenti diversi dal pesce e dai frutti di mare. Le forme di mercurio presenti in questi altri alimenti non sono, nella maggior parte dei casi, metilmercurio e quindi possono essere considerati una minore fonte di rischio. Nel caso del metilmercurio, è opportuno un approccio che, accanto alla fissazione di tenori massimi, preveda consigli mirati destinati ai consumatori così da tutelare i gruppi vulnerabili della popolazione. Per questo motivo sul sito Internet della direzione generale per la Salute e la tutela dei consumatori della Commissione europea è stata pubblicata una nota informativa sul metilmercurio nel pesce e nei prodotti della pesca. Anche vari Stati membri hanno fornito su questo tema indicazioni pertinenti alla popolazione. Il tenore massimo di mercurio permesso nei molluschi bivalvi è di a 0,50 mg/Kg.

Gli standard di qualità delle acque superficiali sono invece fissati dal D.lgs. 152/2006, Parte Terza, Allegato 1. Tranne nel caso della presenza naturale di particolari composti, la presenza di inquinanti con concentrazioni superiori a quelle della tabella 1 A del suddetto decreto (Figura 2), determina la classificazione nelle classi “scadente” o “pessimo” del corpo idrico superficiale e l’adozione nei piani di tutela delle misure atte a prevenire un ulteriore deterioramento e a conseguire progressivamente lo stato “sufficiente” e “buono”.

Figura 2. Tabella 1/A del D.Lgs.152/2006 che definisce le norme in materia ambientale

Nei campioni di Mytilus galloprovincialis traslocati nei siti portuali prescelti nell’ambito di tale progetto, dopo 4 settimane di posizionamento durante il periodo primaverile, solo in una piccola percentuale (5.4%) di individui contenuti nelle reste del sito di Riposto sono state misurate delle concentrazioni medie di Pb >1.5 mg/Kg. Le concentrazioni medie di Pb, Cd e Hg sono però inferiori ai limiti fissati dal Reg. 1881/2006 in tutti i siti di traslocamento. Complessivamente i risultati ottenuti hanno evidenziato un sensibile aumento delle concentrazioni della maggior parte dei metalli nelle aree in cui i mitili sono stati traslocati rispetto alle loro concentrazioni iniziali accumulate all’interno dell’allevamento (Tabella 1 e 2), ad eccezione del Vanadio (V) misurato nei campioni traslocati durante il periodo autunnale (Tabella 2)

Tabella 1. Concentrazioni medie dei metalli analizzati nei campioni trapiantati nel periodo primaverile del 2016 nei siti di RP-Porto, CT1 Porto e CT2 Porto e confronto con le concentrazioni riscontrate nell’allevamento di provenienza.

MetalliAllevamentoRP PortoCT1 PortoCT2 Porto
As (p=0.002)1,3368,3263,3955,117
Cd  (p=0.043)0,0350,1210,0440,041
Cr0,4490,7370,4480,474
Cu (p=0.043)0,6225,6631,2411,489
Hg0,0090,0230,0160,010
Mn (p=0.020)0,4982,7740,7911,205
Ni (p=0.048)0,0920,2590,0800,128
Pb (p=0.043)0,2301,3200,2450,207
Se0,5081,0640,5050,694
V  (p=0.043)0,1372,0350,3800,788

Tabella 2. Concentrazioni medie dei metalli analizzati nei campioni trapiantati nel periodo autunnale del 2016 nei siti di RP-Porto, CT1 Porto e CT2 Porto e confronto con le concentrazioni riscontrate nell’allevamento di provenienza.

MetalliAllevamentoRP PortoCT1 PortoCT2 Porto
As (p=0.006)1,3363,0311,3751,861
Cd0,0350,0290,0190,031
Cr (p=0.018)0,4490,3990,7080,484
Cu0,6222,0582,4442,668
Hg0,0090,0130,0170,016
Mn0,4981,1411,1381,915
Ni (p=0.009)0,0920,0660,3600,241
Pb (p=0.031)0,2300,4710,2250,361
Se0,5080,2480,2810,280
V0,1370,1940,1980,362

In particolare effettuando il test di Kruskal-Wallis per campioni indipendenti sulle concentrazioni trovate durante il periodo primaverile, si è evidenziato che tutti i metalli sono significativamente più alti nel porto di Riposto (RP Porto) rispetto agli altri siti, ad eccezione di Cr, Hg e Se. Nelle due area di traslocamento in prossimità del porto di Catania è emersa una contaminazione maggiore di As (p<0.001), Cu, Mn, Se e V (p<0.01) nel punto CT2 rispetto al CT1.

Elaborando i dati relativi al periodo di traslocamento autunnale, il quadro di biodisponibilità di metalli che si era presentato nel periodo primaverile è significativamente cambiato. Il Pb e l’As sono rimasti significativamente più alti nel punto di RP (p<0.05  e p<0.01 rispettivamente). Sono state invece riscontrate concentrazioni di Cr e Ni significativamente più alte nel sito CT1-Porto (p<0.05 e p<0.01 rispettivamente), e nessuna differenza significativa dal confronto dei rimanenti metalli.

E’ stato anche effettuato un confronto con la letteratura scientifica per confrontare i valori riscontrati nelle aree monitorate per la realizzazione di questo studio con altre aree della regione mediterranea.

Gli studi selezionati dalla letteratura scientifica hanno utilizzato M. galloprovincialis come bio-indicatore della qualità dell’ambiente marino, traslocando organismi provenienti da aree di controllo nelle aree da monitorare (Tabella 3) o analizzando direttamente campioni nativi della stessa specie (Tabella 4).

Complessivamente le concentrazioni misurate nei campioni appartenenti a questo studio, cadono all’interno del range fornito in letteratura scientifica o sono più bassi.

L’unico sito che ha dei valori di metalli sempre più alti di quelli riscontrati nella nostra area di studio è quello della laguna di Venezia (Moschino et al., 2011).

Il Cr invece ha medie più alte in M. galloprovinciali trapiantato lungo le coste dell’adriatico (3.37 mg/Kg) (Gorbi et al., 2008) e in popolazioni native delle coste mediterranee spagnole (7.32 mg/kg) (Zorita et al., 2007).

Il Cu ha concentrazioni più elevate in M. galloprovincialis traslocato lungo le coste nord occidentali del Mediterraneo (8.25 mg/Kg) (Romeo et al., 2003) e lungo la costa turca (6.8 mg/Kg) (Okay et al., 2015). Tre popolazioni native delle coste marocchine e delle coste mediterranee italiane e spagnole hanno concentrazioni di Cu significativamente superiori (8.04, 12, e 22 mg/Kg rispettivamente) (Maanan et al., 2008; Zorita et al., 2007) a quelle riscontrate nella nostra area di studio. 

Mn, Ni, Se e V sono stati poco studiati in letteratura, ma complessivamente pare che la biodisponibilità del Mn e del Ni sia maggiore lungo le coste turche, adriatiche e marocchine e libiche (Okay et al., 2015; Gorbi et al., 2008; Maanan et al., 2008; Jovic´ et al., 2014; Galgani 2014).

I metalli più studiati sono quelli regolamentati, Cd, Hg e Pb. Le concentrazioni medie di Cd da noi riscontrate presentano un range spesso più basso rispetto a quello riportati in studi in letteratura (Galgani 2014; Romeo et al., 2003; Gorbi et al., 2008; Giarratano et al., 2010; Benali et al., 2016; Maanan et al., 2008; Zorita et al., 2007; Maulvault et al. ,2015; Jovic´ et al., 2014). Il Hg ha concentrazioni più alte sono in due studi relativi a organismi nativi della coste mediterranee francesi e spagnoli (Zorita et al., 2007; Maulvault et al. ,2015). Il Pb analizzato in organismi trapiantati è maggiore solo in uno studio effettuato nel Beagle Channel (Giarratano et al., 2010), mentre in popolazioni native del mediterraneo occidentale sembra avere concentrazioni significativamente maggiori rispetto a quelle riscontrate in questo studio (Benali et al., 2016; Rouane-Hacene et al., 2009; Maanan et al., 2008; Zorita et al., 2007; Jovic´ et al., 2014), superando spesso i limiti consentiti dal regolamento N.1881/2006.

Tabella 3. Confronto bibliografico con la letteratura scientifica relativa all’accumulo di metalli pesanti in mitili trapiantati. *Ai fini di un confronto i risultati sono stati convertiti in peso umido in base alla % di umidità  fornito medio del 70%.

AsCrCuMnNiSeVCdHgPbArea di StudioRiferimento Bibliografico
1,3360,4490,6220,4980,0920,5080,1370,0350,0090,23AllevamentoQuesto Studio
3,95- 8,330,474- 0,7371,241 5,6630,791 – 2,7740,08 – 0,2590,505 – 1,0640,38 – 2,040,044 – 0,1210,01 – 0,0230,207 – 1,32Gulf of CataniaQuesto Studio – Spring
1,375- 3,0310,399 – 0,7082,058 – 2,6681,138 – 1,9150,066 – 0,3600,248 – 0,2810,194 – 0,3620,019 – 0,0310,013 – 0,0170,225 – 0,471Gulf of CataniaQuesto Studio-Autumn
n.d.0,111 – 1,16n.d.1,07 – 1,710,3 – 1,51n.d.n.d.0,186 – 0,3570,014 – 0,0190,12 – 0,19Libyan coastGalgani 2014*
n.d.n.d.0,93 – 8,25n.d.n.d.n.d.n.d.0,159 – 0,302n.d.n.d.NW MediterraneanRomeo et al., 2003*
n.d.0,3 – 1,10,9 – 6,81,8 -8,20,9 -4,3n.d.n.d.0,001 – 0,003n.d.2,4 -14Turkish marinasOkay et al., 2015
2,24 – 6,370,09 – 3,371,19 – 2,410,63 – 4,510,219 – 1,81n.d.n.d.0,135 – 0,5970,006 – 0,0150,168 – 0,438Adriatic coastGorbi et al., 2008*
1,35 – 7,358,4 – 26,41,2 -16,2n.d.4,2 – 8,4n.d.n.d.0,06 – 0,8430,042 – 0,5073 -10,9Lagoon of VeniceMoschino et al., 2011*
n.d.n.d.2,05 – 10,9n.d.n.d.n.d.n.d.0,075 – 0,693n.d.3,06 – 8,63Beagle ChannelGiarratano et al., 2010*

Tabella 4. Confronto bibliografico con la letteratura scientifica relativa all’accumulo di metalli pesanti in mitili selvatici. *Ai fini di un confronto i risultati sono stati convertiti in peso umido in base alla % di umidità  fornito medio del 70%.

AsCrCuMnNiSeVCdHgPbArea di StudioRiferimento Bibliografico
n.d.n.d.1,584n.d.n.d.n.d.n.d.1,113n.d.2,349Algerian west coastBenali et al., 2016*
n.d.n.d.1,17 – 1,58n.d.n.d.n.d.n.d.0,198 – 0,204n.d.1,38 – 5,02Algerian west coastRouane-Hacene et al., 2009*
n.d.2,648,046,249,84n.d.n.d.2,160,182,88Moroccan coastal regionMaanan et al., 2008*
n.d.0,213 – 1,001,65 – 2,55n.d.n.d.n.d.n.d.0,12 -0,1860,033 – 0,0780,66 – 1,2 NW Mediterranean Sea (France) Zorita et al., 2007*
n.d.0,51 – 1,541,71 -12n.d.n.d.n.d.n.d.0,081 – 0,1650,024 – 0,030,57 -8,94  NW Mediterranean Sea (Italy) Zorita et al., 2007*
n.d.0,969 – 7,321,71 -22n.d.n.d.n.d.n.d.0,189 – 0,2670,039 – 0,1650,54 – 11,55   NW Mediterranean Sea (Spain) Zorita et al., 2007*
2,640,31,44n.d.<lodn.d.n.d.0,0450,0390,111Tagos (Portogallo)Maulvault et al. ,2015*
2,431,352,52n.d.2,13n.d.n.d.0,2220,0210,027Delta del Po (Italia)Maulvault et al. ,2015*
4,80,421,5n.d.<lodn.d.n.d.0,2820,0660,177Delta dell’Ebro (Spagna)Maulvault et al. ,2015*
3,8 -4,30,09 – 0,100,84 -1,000,60 -0,750,2550,89 -1,010,38 – 0,470,22 – 0,24n.d.0,25 – 0,29Calvi Bay (Corsica)Richi et al., 2014*
n.d.n.d.1,69 – 3,062,88 – 4,680,41 -2,25n.d.n.d.0,36 – 0,660,06 0,150,75 -1,36Boka Kotorska Bay (Croazia)Jovic´ et al., 2014*