TRACCE DI PLASTICA NELLA PLACENTA. L’ULTIMA SCOPERTA SULLE CONSEGUENZE DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE.

TRACCE DI PLASTICA NELLA PLACENTA. L’ULTIMA SCOPERTA SULLE CONSEGUENZE DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE

L’Eurispes.It ha intervistato il Dottor Antonio Ragusa, Direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma, recentemente alla ribalta di quotidiani nazionali ed esteri per aver realizzato una ricerca che ha scoperto tracce di plastica nella placenta delle donne in gravidanza.

La ricerca dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, in collaborazione con il Politecnico delle Marche, è stata pubblicata a gennaio 2021 su Environment International, ma già dall’anteprima si era capito il potenziale comunicativo e l’interesse che avrebbe suscitato.

Infatti, durante la ricerca sono stati isolati e visualizzati 12 particelle di microplastiche colorate in quattro placente umane su sei analizzate complessivamente. Cinque microplastiche sono state trovate nel lato fetale delle placente, quattro nel lato materno e tre nelle membrane amniocoriali, indicando che le microplastiche, una volta all’interno del corpo materno, possono raggiungere i tessuti placentari a tutti i livelli. Si è scoperto quindi che i bambini già nel feto potrebbero nascere “inquinati”, ovvero composti anche da materiale inorganico (inesistente fino a 60-70 anni fa) che il sistema immunitario potrebbe riconoscere come proprio, e questa è una ipotesi inquietante per tutta una serie di conseguenze che dovranno essere studiate. Perché la prima vera domanda che nasce un minuto dopo la scoperta della presenza della plastica nella placenta, è cosa comporterà per lo sviluppo del feto e del bambino.

Attualmente non ci sono evidenze certe a tal riguardo. I ricercatori non hanno potuto determinare neppure se le microplastiche dalla placenta siano entrate nei bambini che poi sono nati. Ci sono studi pregressi che hanno messo in evidenza una interferenza nella risposta immunitaria, come pure correlazioni tra l’aumento diffuso delle microplastiche e l’incidenza di alcune malattie, come ad esempio l’endometriosi, una malattia ginecologica, o l’obesità, dove studi hanno dimostrato come il contatto con determinate materie plastiche alteri il metabolismo delle cellule dell’adipe. Ma bisognerà dimostrare una effettiva relazione causa effetto. Nei casi esaminati, i bambini sono nati sani, nati da parti normali. Non bisogna allarmarsi, ma si possono avere comportamenti preventivi per abbassare di molto la quantità di particelle assimilate dal nostro organismo. Ad esempio, in particolare durante la gravidanza, è importante limitare l’assunzione di acqua in bottiglie di plastica, l’utilizzo di contenitori di plastica e pellicole, evitare di mangiare pesci di grandi dimensioni (che più assorbono inquinanti nel mare) e frutti di mare, dei quali non viene eliminato lo stomaco, come nei pesci. Sappiamo che una bustina di tè può rilasciare in una singola tazza 11,6 miliardi di pezzi di microplastica e 3,1 miliardi di nanoplastiche. Meglio acquistarlo sfuso.

Tornando ai nostri bambini, secondo alcuni studi, i biberon in plastica rilasciano fino a 16 milioni di particelle per ogni litro di fluido e più alta è la temperatura, maggiore è il numero di particelle rilasciate che possono arrivare a 55 milioni per litro a temperature elevate. In pratica questo significa che anche dopo la nascita i bambini fino a 12 mesi alimentati con biberon di plastica (in genere composto da polipropilene) possono essere esposti a milioni di particelle microplastiche al giorno, così come contenitori, involucri e giocattoli per l’infanzia composti da PVC e altri tipi di plastica.

Tutto ciò pone un problema importante per i bambini che stanno ancora crescendo e sviluppandosi, ma è anche un problema di tutti. Attualmente, nel mondo si producono 396 milioni di tonnellate di plastica l’anno, 53 kg per abitante della terra. Solo il 20% è stato incenerito o riciclato. Ognuno di noi ingerisce, in media, cinque grammi di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito, e non abbiamo certezza sulle conseguenze.

L’inquinamento universale da plastica costituisce una questione centrale nell’impegno ecologista del Movimento Azzurro, il quale se n’è occupato attraverso il proprio comitato tecnico- scientifico in occasione dei lavori di preparazione del Premio per l’Ambiente “G. Merli” , poi tenutosi a Roma nel dicembre 2019 presso la sala “Parlamentino Cavour” del Ministero Politiche agricole alimentari e forestali. In quella sede, il il Premio “Giancarlo Merli” è stato assegnato alla Professoressa Margherita Ferrante per l’intensa attività svolta in lunghi anni di lavoro sulle tematiche ambientali particolarmente legate alla salute con specifico impegno di Direttore presso l’Università di Catania del laboratorio di Igiene Ambientale e degli Alimenti, organismo che opera nella ricerca tecno/scientifica a livello internazionale.

La Professoressa Ferrante, elemento di punta del Comitato Scientifico del Movimento Azzurro, è Direttore del Centro di Ricerca Interdipartimentale per l’Implementazione dei sistemi di Acquacoltura e Biorisanamento e in qualità di Membro della Task-Force Ambiente e Salute del Ministero della Salute ha offerto alla comunità scientifica una vasta documentazione attraverso seminari, convegni e pubblicazioni di numerosi studi e ricerche. In particolare ha coordinato l’attività scientifica sulla ricerca di nano e microplastiche nelle acque e negli alimenti, brevettando il primo metodo al mondo che consente di quantificare il numero di nano e microplastiche e realizzando un importante studio con la prima stima dell’introduzione di microplastiche con la dieta, riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale e pubblicato da importanti riviste del settore, tra le quali Water Research Journal.

Secondo la ricerca dell’Istituto israeliano Weizmann per le Scienze, poi pubblicata su Nature, nel 2020 c’è stato il sorpasso dei manufatti artificiali su quello degli esseri viventi, la cosiddetta biomassa: 1.100 miliardi di tonnellate contro 1.000 miliardi. La plastica, con i suoi 8 miliardi di tonnellate, è il doppio degli animali. Il nostro Mediterraneo, secondo una ricerca del WWF, è tra i più inquinati. Sebbene contenga solo l’1% delle acque del globo, ospita il 7% della plastica marina, e nei suoi fondali sono stati rilevati livelli elevatissimi di microplastiche: fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di un solo metro quadrato.

Ma un’inversione di rotta è possibile.

Nel 2020 il Governo italiano ha approvato definitivamente quattro decreti legislativi di recepimento di altrettante direttive europee: si tratta del cosiddetto “Pacchetto normativo sull’economia circolare” che ha ottenuto il via libera dell’Ue nel 2018. È una grande occasione per un cambio di visione: la plastica può non essere un problema irrisolvibile se inserita in processi di economia circolare e di riciclo. In tal senso l’Ue si sta muovendo per imporre una tassa sugli imballaggi in plastica non riciclata. L’Europa potrebbe incoraggiare così nuove strutture circolari a rifiuti zero con incentivi fiscali, ma anche con regolamenti chiari e politiche di approvvigionamento che supportino le imprese a rifiuti zero.

EOLICO E NUOVI ARROGANTI-Ambientalisti Strani

EOLICO E NUOVI ARROGANTI

Il Presidente di Legambiente Ciafani, dalle pagine di un inserto del Corriere della Sera, ha insultato gli Amici della Terra, colpevoli di opporsi all’arroganza con cui i suoi sodali dell’industria eolica pretendono di trasformare l’Italia e i suoi paesaggi. La presidente Tommasi ha risposto, in modo misurato ma netto, replicando all’incredibile diktat “così dovrà cambiare il paesaggio italiano”.

Ma davvero per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici dovremo rassegnarci a sfregiare per sempre il paesaggio italiano con pale eoliche sempre più alte sui crinali e colline ricoperte da pannelli solari? Se lo sono chiesto tredici associazioni ambientaliste storiche, tra cui gli Amici della Terra, che più di un mese fa hanno scritto al Presidente del Consiglio e ai Ministri competenti per chiedere di istituire un tavolo tecnico di concertazione nazionale che definisca i termini della pianificazione degli impianti di energia rinnovabile secondo standard di sostenibilità.

La richiesta è dovuta alla preoccupazione per i nuovi obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030 per raggiungere i quali, il Governo italiano prevede di raddoppiare la potenza eolica già installata e triplicare quella fotovoltaica. Preoccupa la superficialità con cui si dà per scontato che questa sia una strada obbligata, senza nemmeno considerarne i costi ambientali ed economici e le alternative.

Preoccupa l’arroganza con cui alcuni promotori di queste tecnologie, sostenuti dalle relative filiere industriali, pretendono di cambiare il volto all’Italia, stabilendo unilateralmente nuovi criteri di “bellezza”, assimilando addirittura i giganteschi tralicci eolici alle cattedrali gotiche del medioevo. I nuovi prepotenti vorrebbero tacitare ogni dissenso, ogni protesta locale, ogni discussione. Chiedono, per queste tecnologie, di superare le leggi e le procedure che valgono per ogni altra infrastruttura o impianto produttivo. Chiedono di esautorare le Sovrintendenze, di ignorare i danni alla biodiversità e il consumo di suolo.

Sperano che tutto passi sotto silenzio, che non ci sia dibattito pubblico nel merito delle strategie di de carbonizzazione. Infatti, se si esaminassero i dati, se si valutassero i risultati delle diverse misure, se si tenesse conto degli errori già fatti in questi anni, le cose da discutere sarebbero molte e non certo favorevoli ad una ulteriore diffusione di pale eoliche o di grandi impianti fotovoltaici in aree agricole.

Per esempio: solo per raggiungere gli obiettivi 2020 di queste fonti intermittenti (quindi non sostitutive degli impianti tradizionali), l’Italia ha già speso 224 miliardi in circa 30 anni, il maggior investimento dal dopoguerra ad oggi, superiore a quello fatto per il Mezzogiorno d’Italia. Il problema è che questo sforzo finanziario a carico delle bollette elettriche ha coperto appena l’8% dei consumi energetici del paese. E-si badi-solo il 2,9% è stato prodotto da fotovoltaico ed eolico.

E’ provato invece che i risultati maggiori in termini di riduzione della CO2, duraturi e non penalizzanti per le aziende, ci sono stati-e possono esserci-con gli investimenti in efficienza energetica su cui il nostro paese ha veramente maturato esperienze innovative sia in relazione all’utilizzo di fonti rinnovabili che in relazione al risparmio di fonti fossili come il gas, indispensabili alla transizione energetica. Certo, quella dell’efficienza è una strada più complessa del semplice impianto di pale e pannelli, all’altezza però di un paese evoluto come l’Italia e rispettosa dei suoi valori culturali e ambientali. Ma, attenzione! Chi racconta che è tutto facile, che basta sacrificare le nostre bellezze, sta dicendo balle e può fare enormi danni.

Energia Eolico

Se almeno la distruzione del paesaggio italiano servisse a salvarci dai cambiamenti climatici potremmo almeno consolarci.
E invece questo sacrificio sarà perfettamente inutile: l’eolico soddisfa attualmente l’1,27% del fabbisogno energetico italiano, quindi un suo raddoppio coprirà solo il 2,6% del nostro fabbisogno energetico.
Migliaia di pale eoliche, fiumi di soldi pubblici, solo per un misero 2,6%.
I dirigenti di Legambiente sono diventati aggressivi perché hanno paura che emerga questa verità.
Quindi invito gli Amici della Terra a sottolineare sempre con forza questo concetto: L’INUTILITA’ DELL’EOLICO.
E questa verità fa paura soprattutto agli industriali dell’eolico, ai quali non interessa niente dell’ambiente, ma vogliono che a pagare gli impianti ci pensi Pantalone.
Le pressioni di questi industriali su Legambiente e Greenpeace sono pesanti e queste non riescono a smarcarsi.
Cara Legambiente: ti sei accorta di quanto sia pesante il consumo di suolo degli impianti eolici? Strade in alta montagna, sbancamenti di terreni, fondazioni, cemento armato, sottostazioni elettriche: tutto questo non esiste per voi?
E le ecomafie riguardano solo i rifiuti?

http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2252#.X_gbzamUVjg.gmail

Oceano – Sette indicazioni delle Nazioni Unite

Decennio delle Scienze del Mare in Italia

Oceano

Sette indicazioni delle Nazioni Unite

16 dicembre 2020 : Evento di presentazione del Manifesto del Decennio delle Scienze del Mare in Italia. In diretta live dalla pagina Facebook e dal sito ufficiale, la Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO ha presentato in diretta live il “Manifesto del Decennio del Mare: verso l’Oceano di cui abbiamo bisogno per il Futuro che vogliamo”.

Hanno partecipato: Caterina Balivo, Madrina dell’Oceano; Francesca Santoro, specialista di programma dell’Intergovernmental Oceanographic Commission UNESCO e promotrice del Decennio del Mare; Diana de Marsanich, giornalista green di F e NaturalStyle; Giovanni Parapini, Direttore di Rai per il Sociale.
A dare voce al Manifesto, cinque persone accomunate da una profonda sensibilità nei confronti dell’ambiente e della sua salvaguardia: oltre Caterina Balivo, Madrina del Oceano, l’attore Sergio Muniz, la cantante Francesca Michielin, l’attrice Sara Lazzaro eFrancesca Santoro.

Il Manifesto del Decennio del Mare è una call to action rivolta a tutti i settori della società civile – istituzioni, imprese, cittadini- per diventare parte attiva delle iniziative che si svolgeranno da gennaio 2021 per il decennio 2021-2030 dedicato alle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile.

OceanoOceanoOceano

Il Manifesto del Decennio del Mare si ispira alla parola OCEANO: ogni lettera è legata a un’azione specifica capace di promuovere un cambiamento radicale nel modo in cui studiamo e gestiamo la nostra risorsa più importante, fonte di vita e ossigeno.
Il Manifesto si inserisce nella campagna internazionale di comunicazione e di educazione all’Oceano del Decennio del Mare (decenniodelmare.it), che mira a creare una «Generazione Oceano», una generazione pienamente consapevole dell’importanza dell’Oceano per il nostro pianeta, per la nostra salute, per il nostro futuro.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2021 – 2030 la “Decade of Ocean Science for Sustainable Development” (Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile). Questa iniziativa punta a mobilitare la comunità scientifica, i governi, il settore privato e la società civile intorno a un programma comune di ricerca e di innovazione tecnologica.
Il Decennio ha stabilito sette risultati concreti per la società:
The Ocean We Want

Pulito: Un oceano pulito in cui le fonti di inquinamento vengono identificate e rimosse
Sano: Un oceano sano e resistente in cui gli ecosistemi marini sono mappati e protetti
Predicibile:Un oceano prevedibile in cui la società ha la capacità di comprendere le condizioni oceaniche attuali e future
Sicuro: Un oceano sicuro in cui le persone sono protette dai pericoli oceanici
Sostenibile: Un oceano utilizzato in modo sostenibile che garantisce la fornitura di cibo
Trasparente:Un oceano trasparente con accesso aperto a dati, informazioni e tecnologie
Ispirazionale: Un oceano che ispira e coinvolge

Transizione energetica-Le Associazioni per l’ambiente chiedono un tavolo di concertazione nazionale per pianificare gli impianti

Con una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte e ai Ministri Sergio Costa, Ambiente; Dario Franceschini, Cultura; e Stefano Patuanelli, Economia, Sviluppo Economico, un nutrito gruppo di Associazioni Ambientaliste hanno chiesto che gli obbiettivi che il Green Deal europeo si prefigge – combattere il riscaldamento globale di origine antropica, conservare la biodiversità, usare saggiamente le risorse naturali e il territorio – siano attuati coinvolgendo tutti gli stakeholders, anche le associazioni ambientaliste, definendo una cornice entro cui realizzare la transizione energetica e ambientale in modo equo e realmente sostenibile.

Transizione energeticaTransizione energetica

Le energie rinnovabili sono considerate dal Green Deal europe come strumento di primo piano per affrontare la questione climatica e dare dunque risposta ad una parte degli obiettivi del programma. Nondimeno, le politiche ampiamente deregolamentate poste in essere in questi anni hanno determinato un forte impatto negativo sul territorio nazionale, in termini di consumo di suolo agricolo, gravissimi danni paesaggistici, incidenza sugli habitat naturali e la biodiversità, con il coinvolgimento di ampie aree del nostro Paese, il cui paesaggio è valore costituzionalmente protetto e le cui ricchezze naturali sono annoverate tra le più importanti in assoluto.

Transizione energeticaTransizione energetica

Alle ingenti risorse a disposizione del Green Deal si aggiungerà presto l’ulteriore sostegno finanziario del Next Generation EU per gli investimenti nel settore della green economy. Ora, il combinato disposto di queste due misure, se lasciato senza governo e slegato da rigorose limitazioni, rischia di rispondere al problema climatico ed energetico penalizzando gravemente i preziosi valori del paesaggio e della natura, cui corrispondono interessi vitali anche per il turismo nazionale e l’economia delle aree interne.

Transizione energeticaTransizione energetica

Non è la strada giusta. Non è la strada che l’Italia deve percorrere. L’urgenza del momento, la grandezza delle sfide che ci attendono chiamano tutti noi, governi e associazioni, politica e società civile, scienza ed imprese, ad una più piena assunzione di responsabilità e a un necessario salto di livello nella gestione della materia.

Transizione energeticaTransizione energetica

Per tutte queste ragioni, le associazioni chiedono di istituire un tavolo tecnico di concertazione nazionale, per mezzo delle amministrazioni e degli uffici tecnici di competenza, che finalmente definisca i termini della pianificazione degli impianti di energia rinnovabile secondo standard di piena sostenibilità.

Green Deal europeo, per il passaggio all’energia pulita, si proceda in accordo con gli ambientalisti

Le energie rinnovabili sono considerate dal Green Deal europeo uno strumento di primo piano per affrontare la questione climatica e raggiungere una parte degli obiettivi programmati, però bisogna tenere conto nella transazione anche delle politiche ambientali

Green Deal europeo, per il passaggio all'energia pulita, si proceda in accordo con gli ambientalisti

(AGR) Le associazioni ambientaliste hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte e ai Ministri Sergio Costa (MATTM), Dario Franceschini (MiBACT) e Stefano Patuanelli (MISE) chiedendo che gli obbiettivi che il Green Deal europeo si prefigge – combattere il riscaldamento globale di origine antropica, conservare la biodiversità, usare saggiamente le risorse naturali e il territorio – siano attuati coinvolgendo tutti gli stakeholders, anche le associazioni ambientaliste, definendo una cornice entro cui realizzare la transizione energetica e ambientale in modo equo e realmente sostenibile.

“Le energie rinnovabili – si legge sulla nota inviata – sono considerate dal Green Deal europeo come strumento di primo piano per affrontare la questione climatica e dare dunque risposta ad una parte degli obiettivi del programma. Nondimeno, le politiche ampiamente deregolamentate poste in essere in questi anni hanno determinato un forte impatto negativo sul territorio nazionale, in termini di consumo di suolo agricolo, gravissimi danni paesaggistici, incidenza sugli habitat naturali e la biodiversità, con il coinvolgimento di ampie aree del nostro Paese, il cui paesaggio è valore costituzionalmente protetto e le cui ricchezze naturali sono annoverate tra le più importanti in assoluto.

Alle ingenti risorse a disposizione del Green Deal si aggiungerà presto l’ulteriore sostegno finanziario del Next Generation EU per gli investimenti nel settore della green economy. Ora, il combinato disposto di queste due misure, se lasciato senza governo e slegato da rigorose limitazioni, rischia di rispondere al problema climatico ed energetico penalizzando gravemente i preziosi valori del paesaggio e della natura, cui corrispondono interessi vitali anche per il turismo nazionale e l’economia delle aree interne.

Non è la strada giusta. Non è la strada che l’Italia deve percorrere. L’urgenza del momento, la grandezza delle sfide che ci attendono chiamano tutti noi, governi e associazioni, politica e società civile, scienza ed imprese, ad una più piena assunzione di responsabilità e a un necessario salto di livello nella gestione della materia.

Per tutte queste ragioni, le associazioni chiedono di istituire un tavolo tecnico di concertazione nazionale, per mezzo delle amministrazioni e degli uffici tecnici di competenza, che finalmente definisca i termini della pianificazione degli impianti di energia rinnovabile secondo standard di piena sostenibilità”.

Stefano Allavena, ALTURA

Monica Tommasi, AMICI DELLA TERRA

Maria Rita Fiasco, ASSOTUSCANIA

Gianluigi Ciamarra, CNP

Vittorio Emiliani, COMITATO PER LA BELLEZZA

Carla Rocchi, ENPA

Ebe Giacometti, ITALIA NOSTRA

Aldo Verner, LIPU

Rosalba Giugni, MAREVIVO

Franco Tessadri, MOUNTAIN WILDERNESS

Rocco Chiriaco, MOVIMENTO AZZURRO

Mauro Furlani, PRO NATURA

Giorgio Aldo Salvatori, WILDERNESS ITALIA

8 luglio – Giornata Internazionale del Mediterraneo

Troppo spesso si parla e si legge che l’Italia è un ponte sul Mediterraneo, per sottointendere l’importante posizione geografica strategica di cui godiamo…e, aggiungiamo, di responsabilità. E troppo spesso, invece, si usa questo assioma per identificare, pro o contro, la nostra posizione in riferimento alla tragedia del nostro tempo: il fenomeno delle migrazioni, ahimè da troppo tempo irrisolte e sottovalutate.

Il Mediterraneo ha visto le prime rudimentali barche fenicie alla ricerca di terre nuove, popoli e commerci: ha visto lo sviluppo di civiltà, di nuovi alfabeti, l’espandersi dell’agricoltura e delle coltivazioni arboree, dei modi di comunicare, ha incrociato cultura e religioni…ahimè anche di feroci conquiste e guerre che hanno messo a dura prova la convivenza di intere generazioni di uomini.

Ora che il discernimento ha ricomposto pacificamente i paesi del vecchio continente, una nuova prospettiva sembra aprirsi per l’intero arco delle nazioni rivierasche o di influenza, anche se regimi autoritari contrastino ancora lo sviluppo democratico di alcuni importanti paesi entrati nel gioco delle influenze extra-mediterranee.

Cosicchè il “Mare Nostro” sempre più prende. e irrimediabilmente, la piega del “Mare Loro”, ovvero non solo delle potenze che allungano i loro artigli sull’economia, quanto dei modi spicci di agire, prendere, soffocare, contrastare, comprare le tendenze politiche, democratiche, sociali , rendendo il cammino dello sviluppo tout court un’infinita stressante gincana giuridico-legislativa infruttuosa.

In questo quadro si possono immaginare le insoddisfacenti azioni ambientaliste, che in particolare interessano il nostro Movimento a cominciare dalla condizione delle acque e dell’ambiente in genere, alle azioni per il clima, alla necessità del potenziamento della ricerca scientifica e sociale, fino ai trasporti, ai consumi, alle riconversioni energetiche, allo sviluppo imprenditoriale…Essere preoccupati è forse nascondere il forte disagio che si prova man mano che si approfondiscono le questioni.

Esiste da oltre 15 anni un organismo di cui poco si parla: L’Unione per il Mediterraneo, che ha nella sua carta costituzionale il precipuo interesse anche per le questioni accennate.
Forse è il tempo buono, questo, senza tergiversare, per promuovere una più incisiva azione in favore di un autentico sviluppo materiale e, morale, spirituale per un’ Europa da oggi in poi.
E’ l’auspicio del nostro Movimento,al quale siamo certo potranno sicuramente convenire tutte le altre organizzazioni ambientaliste, sociali e civili che operano per il benessere dell’uomo.