Sicilia Iblea – Muri a secco

Il Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, riunito dal 26 novembre al 1 dicembre 2018 a Port Louis, nelle isole Mauritius ha iscritto L’”Arte dei muretti a secco” nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.
L’iscrizione è comune a otto paesi europei – Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera.

Sicilia Iblea

Muri a secco

Per il nostro paese si tratta del nono riconoscimento, il terzo transnazionale

(dopo la Dieta Mediterranea e la Falconeria).

Muri a seccoMuri a secco

L’Unesco evidenzia che « l’arte dei muretti a secco » consiste nel costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta. Queste conoscenze pratiche vengono conservate e tramandate nelle comunità rurali, in cui hanno radici profonde, e tra i professionisti del settore edile. Le strutture con muri a secco vengono usate come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame, e testimoniano i metodi usati, dalla preistoria ai nostri giorni, per organizzare la vita e gli spazi lavorativi ottimizzando le risorse locali umane e naturali. Queste costruzioni dimostrano l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione.

Muri a seccoMuri a secco

Particolare cura dei muri a secco si può riscontrare in Sicilia, in specie da sempre nella zona iblea, come bene ricorda Francesco Riccotti con la nota che segue:
“Ritengo che due, fra le altre, siano le testimonianze concrete ed obiettive, nel carattere delle popolazioni iblee. Entrambe solide, imperiture, di cui ogni generazione ne ha avuto cura, migliorandone le condizioni e consegnandole alle successive.
Senza ombra di pessimismo anzi di fiducia nella vita, opere di altruismo nei secula seculorum.
Radici profonde ma con la consapevolezza di rimanere proiettati nel futuro: Il muro a secco ed il carrubbo.
Il muro a secco costituisce il frutto intelligente di un lavoro incessante che perdura da secoli opera di miglioramento fondiario attraverso lo spietramento per la realizzazione di divisori, di opere paraterra per la creazione di terrazze e tanto altro ancora.

Muri a seccoMuri a secco

Va notato che il muro a secco – opera assolutamente ecologica – è sempre comune anche se posto tra fondi di proprietari diversi. La pietra posta di traverso, è arrotondata da entrambi i lati.
Secondo il codice civile, infatti, lo spiovente indica la proprietà del muro.
Attuale quindi la sua specifica conformazione.
Si presenta assolutamente duttile e versatile basta considerare che possono essere aperti varchi provvisori e richiusi senza compromettere la funzionalità della struttura una volta cessata la necessità.

Muri a seccoMuri a secco

Le “chiuse” ed i “ vignali” non venivano, anche per necessità successorie mai suddivisi per evitare di dovere realizzare altro muro a secco.
Per questo alle chiuse ad vignali venivano dati nomi come si fa con le persone e comunque individuati in modo preciso e definitivo nel tempo…
Il muro a secco presenta due “ facce”, ovvero una struttura bifronte il cui interno “cassa” viene riempito di pietre minute che costituiscono un filtro disperdente in grado di rallentare, ripulire, senza bloccare, lo scorrere delle acque.
Questo è ciò che il muro a secco rappresenta per gli iblei nella sua convivenza col carrubo.
Allegata la poesia – in originale siculo e traduzione in italiano – che Meno Assenza ha dedicato ai “muri a secco”.

Muri a seccoMuri a secco

Mura a-ssiccu – ( La lirica ha avuto assegnato il “Premio Vann’anto’ 1981” )

Mura a-ssiccu, ‘ndaviddati ……………………..Muri a secco rinserrati
ccu pitruddi aricugghiuti………………………….con pietruzze raccattate
nnè vignata e puoi ‘ncugnati,…………………..nei campi e poi incuneate
nnè pintusa, nna li casci;…………………………tra fessure e sassi;
mura nichi, mura vasci,……………………………muri piccoli, muri bassi,
ppi’ siddacchi, ppì cusciati,………………………per sostegno, per fiancate,
muri fatti a ‘na traversa,…………………………..muri fatti a una traversa
ca scinniti, c’accianati,…………………………….che scendete,che salite,
ritti ritti, a cudduredda……………………………..dritti dritti o acciambellati
ppi’ li costi e bbi pirditi…………………………….per le coste e vi perdete…
Unni iti! Unni iti………………………………………..Dove andate? dove andate
comu tanti scusunedda,…………………………..come tanti serpentelli,
mura a-ssiccu ca parrati…………………………..muri a secco che parlate
sulu a cu’ bbi sa capiri………………………………solo a chi vi fa capire
e la terra arraccamati……………………………….e la terra ricamate
ccu disigna a nun finiri?……………………………con disegni a non finire?
Ah putissi ‘gn’juornu aviri……………………….Ah, potessi un giorno avere,
vurricatu nta ‘n’agnuni,…………………………..sepolto in un angolino,
ppi commuogghiu ‘n mura a-ssiccu ……….costruito a giro a giro.
Nna lu mienzu cci spuntassi…………………….L’erba vi crescerebbe in mezzo
rogni tantu l’invicedda,…………………………….smorzando la calura
e all’ussidda ‘n cci mancassi……………………e alle ossa non mancherebbe
mai rè petri a friscuredda!……………………….mai delle pietre la frescura.

Muri a secco

8 Giugno Giornata Internazionale degli Oceani

In occasione della Giornata Europea del Mare e della Giornata Internazionale degli Oceani

Oceano-Mare

Intervista al dott. Cosimo Solidoro, direttore del Dipartimento di
Oceanografia dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica

Manuela Petrini per In Terris

Quest’anno la Giornata Internazionale degli Oceani promulgata dalle Nazioni Unite sarà celebrata l’8 giugno, e segue a ruota la Giornata Europea del Mare celebrata il 20 maggio scorso a cura del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima (Global Catholic Climate Movement – Gccm) nell’ambito della Settimana Laudato Sì, che tanto interesse ha suscitato nel dibattito sulle sorti ambientali del pianeta terra.

Oceano-mare

Sono momenti importanti e la celebrazioni rappresentano un modo concreto per riflettere sul tema e approfondire l’impegno per la salvaguardia del Creato e la promozione di un’ecologia integrale. E’ stato lo stesso Papa Francesco ad annunciare l’evento, lo scorso 3 marzo, invitando tramite un video messaggio alla più ampia partecipazione. “Che tipo di mondo vogliamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? – domandava il Pontefice – Rinnovo il mio appello urgente a rispondere alla crisi ecologica, il grido della terra e il grido dei poveri non possono più aspettare”.

Inquinamento e sfruttamento stanno mettendo a dura prova il nostro pianeta, non solo le terre sfruttate e disboscate, ma anche gli oceani e i mari, sempre più inquinati e pieni di spazzatura e plastica che mettono a rischio la vita sotto la superficie. Ma quali sono le condizioni di salute dei nostri mari? Il nostro Stato sta facendo abbastanza per tutelarli e promuovere uno sviluppo sostenibile.
A tale proposito, Manuela Petrini ha posto alcune domande a Cosimo Solidoro, direttore del Dipartimento di Oceanografia dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica.

Oceano-mare

D – Direttore, qual è la salute dei nostri mari?
R – “Questa non è una domanda alla quale è proprio facile rispondere. Il concetto di salute dei mari non è sempre definibile. Complessivamente direi buona perché, per quel che noi sappiamo non ci sono casi esagerati di inquinamento da parte di sostanze tossiche o cose di questo tipo. D’altra parte l’inquinamento, che è la prima cosa a cui si pensa, non è l’unica sorgente di pericolo per i mari, ce ne sono molte altre. Ad esempio, le plastiche sono un grande problema. Poi ci sono i cambiamenti climatici, fenomeno causato dall’uomo, che per quanto riguardano i mari, si traducono in un innalzamento della temperatura e non solo, come l’acidificazione marina. Il riscaldamento dei mari avviene perché aumentano i gas serra. L’aumento della Co2 si scioglie anche nell’acqua e diventa acido carbonatico e cambia l’acidificazione gassata. Questo è un fenomeno meno noto, ma molto rilevante, esiste tutta una serie di animali e piante che fanno fatica a sopravvivere, non siamo in una situazione disperata, ma questa è una sorgente di stress per questi organismi. Altro problema sono gli inquinanti in generale: una volta avevamo soltanto i metalli pesanti, oggi ci sono quelli che vengono chiamati Pop (Persistent organic pollutants), gli inquinanti persistenti perché restano in acqua prima di essere disciolti, per moltissimo tempo. Il mare connette tutto con tutti, quindi una cosa che resta in sospensione, viene portata dappertutto dalle correnti oceanografiche. Per questo è necessario mettere in moto meccanismi transnazionali per la gestione, la comprensione e il monitoraggio del mare. Il mare non ha confine, o meglio, ha quelli politici, inventati dall’uomo. Altri rischi sono la sovra-pesca: stiamo pescando con un tasso di prelievo che è più forte della capacità del mare di sostenere, questo sta portando alcune specie al collasso. Grande attenzione deve essere fatta anche per quel che riguarda lo sfruttamento di tutte le risorse marine. Il mare è di tutti e di nessuno, ognuno è padrone del pezzetto davanti alle sue coste, ma ci sono porzioni di oceano che non sono di nessuno: in queste zone si scatena una sorta di competizione degli Stati per accaparrarsi le risorse prima che lo facciano gli altri. Attualmente ci sono grandi studi di compagnie private per sfruttare i giacimenti che sono sul fondo dell’oceano, in ambienti delicatissimi che neanche conosciamo. L’uomo è diventato un po’ presuntuoso, pensa di poter fare quello che vuole, che la tecnologia risolve tutto, ma non è così, siamo sempre soggetti alle leggi della natura”.

Oceano-mare

D – Cosa si sta facendo a livello mondiale per preservare gli oceani?
R – “Le Nazioni Unite dedicano la decade che entra, ogni 10 anni, a un nuovo argomento. Il 2021-2030 sarà dedicata agli oceani. La chiamano Oceans Science, per lo sviluppo sostenibile. E’ una scelta che ci piace molto che ci ricorda che abbiamo ancora tanto da capire, poi si potrà pensare a uno sviluppo sostenibile rispettoso delle leggi della natura”.

D – Quest’anno la Giornata europea del mare cade all’interno della “Settimana della laudato si’”, in onore del quinto anniversario dalla pubblicazione dell’enciclica di Papa Francesco…
R – “Ho avuto modo di leggere l’enciclica quando è uscita, l’ho trovata di grande completezza, visione e mondanità. Io e i miei colleghi siamo stati molto contenti che ci fosse un documento posto all’attenzione della comunità da una persona così autorevole e penso che abbia centrato molti punti importanti che anche la comunità scientifica sottolinea da sempre. Quanto questa enciclica abbia contribuito a questo cambio di passo non posso quantificarlo, ma sono contento che l’abbia fatto nel modo più ampio possibile”.

Oceano-mare

D – A causa del lockdown imposto per limitare la diffusione del diffondersi del contagio da coronavirus, abbiamo visto come la natura si sia riappropriata dei suoi spazi: i delfini sono tornati nei porti di Ancona e Cagliari, animali vagavano per le vie delle città, nelle acque dei canali di Venezia, mai così limpidi, siamo riusciti ad osservare una medusa nuotare. L’ambiente aveva bisogno di “disintossicarsi” dalla presenza dell’uomo?
R – “Siamo rimasti un po’ tutti stupiti, non tanto il fatto che la natura si sia riappropriata di spazi che solitamente non vediamo, ma la velocità con cui lo ha fatto. Siamo così invadenti da bloccare tutto che basta qualche settimana in cui ci ritiriamo che la natura torna a farsi visibili. La nostra è una presenza molto ingombrante. Non vorrei che passasse il messaggio, forse poco corretto, che se l’uomo si fa da parte la natura ritorna a un equilibrio ‘perfetto’. Quello che sicuramente succederebbe, è che la natura troverebbe un altro equilibrio, il sistema cambierebbe, ma per andare dove non è che sia proprio chiaro. La natura sopravvive, si riorganizza e può anche fare a meno di noi, siamo noi che dobbiamo adattarci”.

5 Giugno 2020 Giornata Mondiale dell’Ambiente

Giornata mondiale dell’Ambiente, si celebra la biodiversità

 

Si celebra la Giornata Mondiale per l’Ambiente dedicata quest’anno alla biodiversità, con lo slogan “E’ il momento per la Natura”. La biodiversità, spiega l’Onu che proclamato nel 1972 questa giornata con l’istituzione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, “è la base che sostiene tutta la vita sulla terra e sott’acqua” e riguarda “ogni aspetto della salute umana, fornendo aria e acqua pulite, cibi nutrienti, conoscenze scientifiche e fonti di medicina, resistenza naturale alle malattie e mitigazione dei cambiamenti climatici. La modifica o la rimozione di un elemento di questa rete influisce sull’intero sistema di vita e può produrre conseguenze negative”.

La scienza ha messo in guardia sul drammatico declino della biodiversità del pianeta: circa un milione di specie animali e vegetali (su un totale stimato di circa 8,7 milioni) sono minacciate di sparire tanto da ritenere che siamo di fronte alla sesta grande estinzione massa.

L’ emergere di Covid-19 ha sottolineato il fatto che “quando distruggiamo la biodiversità, distruggiamo il sistema che supporta la vita umana – ricordano le Nazioni Unite – Oggi si stima che, a livello globale, circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti si verificano ogni anno a causa di malattie causate da coronavirus; e circa il 75% di tutte le malattie infettive emergenti nell’uomo sono zoonotiche, cioè trasmesse alle persone dagli animali”. La natura, avverte l’Onu, “ci sta inviando un messaggio”.

“La sicurezza alimentare, il benessere e la prosperità delle comunità umana è messa in pericolo se non si intraprendono azioni per invertire la crisi della biodiversità”, ricorda l’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il braccio scientifico del ministero dell’Ambiente).Negli ultimi 150 anni, la copertura della barriera corallina viva è stata ridotta della metà, entro i prossimi 10 anni una specie su quattro conosciuta potrebbe essere stata spazzata via dal pianeta e ci vorrebbero 1,6 terre per soddisfare le richieste che gli umani fanno alla natura ogni anno, ricorda ancora l’Onu.

 

Il Movimento Azzurro nel quinto anniversario della Laudato sì

 Il Papa: un anno speciale dedicato alla Laudato sì 

“Centesimus Annus”  Giovanni Paolo II –  “Caritas in Veritate” Benedetto XVI – “Laudato Sì”  Papa Francesco.

Attraverso questo percorso ed in perfetta evoluzione sinergica, nel 2015, giunge a noi l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì” vera rivoluzione culturale e mediatica attraverso la quale il Santo Padre, oltre che indicare ai cattolici la via e i “doveri” per la salvezza del mondo e della umanità, indica qual è la categoria di genere umano che in primo luogo porta la responsabilità di agire per la salvezza del creato e per realizzare le condizioni di una possibile convivenza di tutto il genere umano nella casa comune che è la terra, la quale allo stato attuale si presenta sempre più squilibrata per concentrazioni di 10 presenze nell’ambito dei territori continentali e per l’uso e distribuzione delle risorse comuni. Tutto questo ancor più da quando nella cultura ambientale si è maggiormente affermato un certo ambientalismo, che si è concretizzato in politica di governo per il consolidamento del potere nei Paesi cosiddetti forti. Nel lungo documento Francesco martella incessantemente la politica, già di per sé ammaccata, esangue e sul punto di estinguersi, per rimanere in tema. Cosa che peraltro non desterebbe rimpianto, se non fosse che insieme scomparirebbero libertà e giustizia, collegate organicamente a essa, nell’ambito dello stesso ecosistema: “Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade… prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno – economico finiscano per distruggere non solo la politica, ma anche la libertà e la giustizia”. Sono dunque i politici, o meglio gli statisti, a risultare la specie più in pericolo, nell’enciclica sulla biodiversità, stretti, e stritolati, dall’alleanza tra economia e tecnologia, che ha generato il mostro, ibrido e ingordo, sterile ma insaziabile della tecno-finanza: “La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei vertici mondiali sull’ambiente. La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia…” Papa Francesco prende le orme del cantico universale Laudato si’ di Francesco d’Assisi, ed esprime un’ode globalizzata, letteralmente. Non solo per la traduzione nelle diverse lingue, ma l’adozione di linguaggi differenziati, spaziando dagli aborigeni australiani, religiosamente attaccati alle loro terre, ai migranti sub sahariani, sradicati e in fuga, dalla guerra e dall’effetto serra. Un tratto forte, ben definito, e molteplicità di personalizzazioni. Un vettore ecologico che riduce la velocità e scala le marce fino ad arrestarsi e arretrare, qualora necessario: “… se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi… Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro”. L’azione responsabile dell’uomo verso un ambientalismo di nuova generazione, che però affonda le radici nella cultura cristiana dei millenni che ci hanno preceduti: l’ambientalismo del fare, secondo il mandato biblico, non secondo il recentissimo “fare” di origine partitica e correntizia che vorrebbe gli ambientalisti, o pseudo tali, piegati alle ragioni del Si alle economie degli affari, delle imprese e dei capitali; L’attenzione dedicata al fenomeno della globalizzazione, che interessa l’umanità, come l’ambiente ed oggi più che mai, constatiamo, l’economia; L’attenzione alla risorsa acqua, per il suo uso e la gestione nel nostro Paese, ma anche e soprattutto come risorsa di vita per la intera umanità; L’attenzione al territorio ed alle foreste, all’assetto idrogeologico ed all’agricoltura, ma anche alle città, all’urbanistica ed all’architettura, alla storia ed alla cultura delle regioni, delle aree e delle popolazioni. Questo, io leggo, è l’impegno nel quale dobbiamo proseguire, perseverando nel migliorane la qualità. Lo dobbiamo a tutti noi impegnati in prima persona, a tutti coloro che hanno fondato e fatto crescere il Movimento Azzurro, grazie a Dio ancora siamo presenti in tanti, consentendoci oggi di avere voce e riconoscimento nella società e nelle istituzioni. Amici del Movimento Azzurro, siamo nella perfetta continuità e coerenza del nostro impegno, dobbiamo ancora costruire base sociale sulla quale edificare consenso e soprattutto nuova testimonianza cristiana.

                                                                                                                                Rocco Chiriaco

 

 

Il Movimento Azzurro aderisce alla petizione “Salviamo le persone, non le industrie inquinanti!”

Salviamo le persone, non le industrie inquinanti!

Alla Commissione europea, al Consiglio europeo e al Parlamento europeo, ai leader nazionali, Raffaele FITTO, Irene Tinagli, eurodeputata di Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) e Eleonara Evi, eurodeputata del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFD)

Petizione

Chiediamo ai leader europei e nazionali di affrontare la crisi senza precedenti causata dalla pandemia di Covid-19 con solidarietà, coraggio e innovazione.

Non vogliamo un ritorno alle attività economiche precedenti, a un modello di crescita che ha esacerbato le disuguaglianze sociali, messo a repentaglio la nostra salute e spinto il clima e la natura del nostro pianeta sull’orlo del collasso. È giunto il momento di rendere rapidamente e radicalmente le nostre economie più verdi, più eque e più resistenti alle possibili crisi future.

Chiediamo l’istituzione del più grande programma di investimenti verdi che il mondo abbia mai visto, supportato da tutti gli strumenti finanziari dell’UE disponibili per finanziare una ripresa che sia verde ed etica.

Questo appello si basa su una dichiarazione firmata dalle principali ONG ambientali europee [1]

Perché è importante?

Un quarto dei posti di lavoro nell’UE è a rischio e quasi un milione di posti di lavoro sono andati persi proprio in Spagna, a causa della pandemia. [2] Questo è solo un accenno alla crisi che dobbiamo ancora affrontare. Già adesso, molti di noi, non non possono permettersi spese fondamentali come l’affitto o le bollette. [3]

Mentre la Commissione Europea mette a punto un piano di ripresa, le industrie inquinanti (come gli impianti di combustione del carbone) stanno facendo pressioni per ottenere supporto, grazie al loro enorme potere di lobby. Vogliono la fetta più grande della torta e vogliono usare questa crisi per indebolire gli standard ambientali, e macinare profitti ancora maggiori. [4]

Questo piano di recupero è in fase di negoziazione in questo momento. Dobbiamo mettere in chiaro fin da ora che la salute e il lavoro di tanti, viene prima dei profitti delle compagnie aeree, delle case automobilstiche, di chi produce plastica e di altre industrie inquinanti. La ripresa economica non può avvenire a scapito di un maggiore inquinamento: l’inquinamento rende il coronavirus più letale. [5]

Questo piano di recupero, simile al Piano Marshall [6], deve affrontare la crisi economica senza replicare gli errori dei salvataggi già commessi durante la crisi finanziaria del 2008: allora le banche e le imprese sono state salvate a spese dei lavoratori, delle persone e del pianeta.

Ma questa volta può essere diverso.

Poco prima che il coronavirus colpisse il mondo, la Commissione Europea stava mettendo a punto un Green Deal europeo: un pacchetto di misure per guidare la transizione dell’Europa verso un’economia giusta e verde.

L’attuale crisi economica, che presto si aggraverà, dimostra la profonda necessità di un tale pacchetto: e infatti 17 paesi, tra cui l’Italia, stanno spingendo la Commissione a basare il piano di ripresa sul precedente Green Deal! [7] Ma questo grande piano deve essere non solo pienamente attuato, ma anche potenziato e ampliato.

Se non interveniamo, la Commissione presterà orecchio solo alle industrie inquinanti. E anche i Governi hanno bisogno di sentire una voce decisa dei cittadini: il Green Deal è il punto di partenza, ma è tutt’altro che sufficiente.

Perché il Green Deal diventi un pacchetto di recupero abbastanza solido e con abbastanza strumenti per affrontare le crisi sanitarie, economiche e climatiche, è necessario:

  • Mettere il benessere delle persone al centro della risposta alla crisi, fornire benefici sociali e proteggere i diritti dei lavoratori attraverso una “equa transizione per tutti”,
  • Attuare pienamente e dare impulso al Green Deal europeo per rielaborare l’economia come è necessario per riportare il benessere al centro del progetto europeo, proteggere le persone da crisi come quella del COVID-19 e affrontare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità a livello europeo, nazionale e internazionale. Rafforzare e continuare l’attuazione degli obiettivi, delle strategie e delle leggi annunciate nel Green Deal europeo e in particolare rafforzare la dimensione sociale,
  • Nei settori che generano più emissioni e in altri settori potenzialmente inquinanti, come l’agricoltura intensiva, subordinare il sostegno alle aziende al loro allineamento con gli obiettivi ambientali e climatici; non devono essere concessi salvataggi a industrie non redditizie o inquinanti che non hanno futuro nell’economia di domani.
  • Istituire un cospicuo Fondo per la ripresa verde ed equa sostenuto da tutti gli strumenti finanziari dell’UE disponibili per dare il via alla ripresa verde e giusta. In particolare deve includere un QFP (quadro finanziario pluriennale) ampliato, che con i suoi programmi di spesa dedichi almeno il 50% agli obiettivi in materia di clima e biodiversità. Deve anche includere nuovi fondi, l’allentamento del Meccanismo europeo di stabilità e i cosiddetti “eurobond”.
  • Guidare gli investimenti pubblici e privati durante tutta la ripresa utilizzando la tassonomia dell’UE per accelerare il passaggio dai settori inquinanti a quelli verdi; analogamente, la Banca europea per gli investimenti dovrebbe allineare le sue politiche di prestito agli obiettivi dell’European Green Deal entro la fine del 2020.

In breve, chiediamo ai nostri leader di dimostrare unità e visione in questa crisi, proponendo il più grande programma di investimenti verdi che il mondo abbia mai visto. Devono resistere alla tentazione di cedere alle “correzioni” rapide e di salvare un’economia insostenibile, socialmente ingiusta, che inquina, riscalda il nostro pianeta, esaurisce le risorse naturali e mette a rischio la salute e il benessere della popolazione.

Sfruttiamo invece questo momento per costruire qualcosa di nuovo, qualcosa di molto migliore: un’economia veramente sostenibile, che sia neutra dal punto di vista del carbonio, circolare ed equa, dove le persone e la natura prosperano. In questo modo, possiamo creare posti di lavoro verdi di alta qualità, affrontare il cambiamento climatico, ripristinare la natura e rendere le nostre economie e società più resistenti nel lungo periodo.

Ora è il momento di unirci per portare l’Europa sulla via di un’economia verde ed equa. Insieme, possiamo raggiungere questo obiettivo!

Fonti :

  1. https://bit.ly/GreenRecovery_EN
  2. https://www.mckinsey.com/industries/public-sector/our-insights/safeguarding-europes-livelihoods-mitigating-the-employment-impact-of-covid-19
  3. https://www.rtve.es/noticias/20200328/coronavirus-inquilinos-no-pueden-pagar-alquiler/2010961.shtml
  4. https://www.theguardian.com/environment/2020/apr/17/coronavirus-profiteers-condemned-as-polluters-gain-bailout-billions , https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/mar/31/bailouts-coronavirus-state-aid
  5. https://www.theguardian.com/environment/2020/apr/21/preliminary-study-links-air-pollution-to-coronavirus-deaths-in-england
  6. Il Piano Marshall, noto anche come Programma Europeo di Recupero, era un programma di aiuti economici all’Europa occidentale dopo la devastazione della Seconda Guerra Mondiale.
  7. https://www.climatechangenews.com/2020/04/09/european-green-deal-must-central-resilient-recovery-covid-19/

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Earth Day 2020, la 50esima Giornata Mondiale della Terra

 

22 APRILE 2020 GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA

 

“Non possiamo curare la terra se non l’amiamo e non la rispettiamo”

L’Udienza Generale (22 aprile 2020)

L’Udienza Generale di questa mattina ha avuto luogo alle ore 9.30 nella Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Il Santo Padre ha pronunciato una speciale catechesi in occasione della 50a Giornata Mondiale della Terra (Earth Day), nel 5° anniversario della sua Lettera Enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune (Gen 2,8-9.15). Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Papa ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli. L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Catechesi del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi celebriamo la 50ª Giornata Mondiale della Terra. È un’opportunità per rinnovare il nostro impegno ad amare la nostra casa comune e prenderci cura di essa e dei membri più deboli della nostra famiglia. Come la tragica pandemia di coronavirus ci sta dimostrando, soltanto insieme e facendoci carico dei più fragili possiamo vincere le sfide globali.

La Lettera Enciclica Laudato si’ ha proprio questo sottotitolo: “sulla cura della casa comune”. Oggi rifletteremo un po’ insieme su questa responsabilità che caratterizza il «nostro passaggio su questa terra» (LS, 160). Dobbiamo crescere nella coscienza della cura della casa comune. Siamo fatti di materia terrestre, e i frutti della terra sostengono la nostra vita. Ma, come ci ricorda il libro della Genesi, non siamo semplicemente “terrestri”: portiamo in noi anche il soffio vitale che viene da Dio (cfr Gen 2,4-7). Viviamo quindi nella casa comune come un’unica famiglia umana e nella biodiversità con le altre creature di Dio. Come imago Dei, immagine di Dio, siamo chiamati ad avere cura e rispetto per tutte le creature e a nutrire amore e compassione per i nostri fratelli e sorelle, specialmente i più deboli, a imitazione dell’amore di Dio per noi, manifestato nel suo Figlio Gesù, che si è fatto uomo per condividere con noi questa situazione e salvarci.

A causa dell’egoismo siamo venuti meno alla nostra responsabilità di custodi e amministratori della terra. «Basta guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune» (ibid., 61). L’abbiamo inquinata, l’abbiamo depredata, mettendo in pericolo la nostra stessa vita. Per questo, si sono formati vari movimenti internazionali e locali per risvegliare le coscienze. Apprezzo sinceramente queste iniziative, e sarà ancora necessario che i nostri figli scendano in strada per insegnarci ciò che è ovvio, vale a dire che non c’è futuro per noi se distruggiamo l’ambiente che ci sostiene. Abbiamo mancato nel custodire la terra, nostra casa-giardino, e nel custodire i nostri fratelli. Abbiamo peccato contro la terra, contro il nostro prossimo e, in definitiva, contro il Creatore, il Padre buono che provvede a ciascuno e vuole che viviamo insieme in comunione e prosperità.

E come reagisce la terra? C’è un detto spagnolo che è molto chiaro, in questo, e dice così: “Dio perdona sempre; noi uomini perdoniamo alcune volte sì alcune volte no; la terra non perdona mai”. La terra non perdona: se noi abbiamo deteriorato la terra, la risposta sarà molto brutta. Come possiamo ripristinare un rapporto armonioso con la terra e il resto dell’umanità? Un rapporto armonioso … Tante volte perdiamo la visione della armonia: l’armonia è opera dello Spirito Santo. Anche nella casa comune, nella terra, anche nel nostro rapporto con la gente, con il prossimo, con i più poveri, come possiamo ripristinare questa armonia? Abbiamo bisogno di un modo nuovo di guardare la nostra casa comune.

Intendiamoci: essa non è un deposito di risorse da sfruttare. Per noi credenti il mondo naturale è il “Vangelo della Creazione”, che esprime la potenza creatrice di Dio nel plasmare la vita umana e nel far esistere il mondo insieme a quanto contiene per sostenere l’umanità. Il racconto biblico della creazione si conclude così: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). Quando vediamo queste tragedie naturali che sono la risposta della terra al nostro maltrattamento, io penso: “Se io chiedo adesso al Signore cosa ne pensa, non credo che mi dica che è una cosa molto buona”. Siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore!

Nel celebrare oggi la Giornata Mondiale della Terra, siamo chiamati a ritrovare il senso del sacro rispetto per la terra, perché essa non è soltanto casa nostra, ma anche casa di Dio. Da ciò scaturisce in noi la consapevolezza di stare su una terra sacra!

Cari fratelli e sorelle, «risvegliamo il senso estetico e contemplativo che Dio ha posto in noi» (Esort. ap. postsin. Querida Amazonia, 56). La profezia della contemplazione è qualcosa che apprendiamo soprattutto dai popoli originari, i quali ci insegnano che non possiamo curare la terra se non l’amiamo e non la rispettiamo. Loro hanno quella saggezza del “buon vivere”, non nel senso di passarsela bene, no: ma del vivere in armonia con la terra. Loro chiamano “il buon vivere” questa armonia. Nello stesso tempo, abbiamo bisogno di una conversione ecologica che si esprima in azioni concrete. Come famiglia unica e interdipendente, necessitiamo di un piano condiviso per scongiurare le minacce contro la nostra casa comune. «L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune» (LS, 164).

Siamo consapevoli dell’importanza di collaborare come comunità internazionale per la protezione della nostra casa comune. Esorto quanti hanno autorità a guidare il processo che condurrà a due importanti Conferenze internazionali: la COP15 sulla Biodiversità a Kunming (Cina) e la COP26 sui Cambiamenti Climatici a Glasgow (Regno Unito). Questi due incontri sono importantissimi. Vorrei incoraggiare a organizzare interventi concertati anche a livello nazionale e locale. È bene convergere insieme da ogni condizione sociale e dare vita anche a un movimento popolare “dal basso”. La stessa Giornata Mondiale della Terra, che celebriamo oggi, è nata proprio così.

Ciascuno di noi può dare il proprio piccolo contributo: «Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente» (LS, 212). In questo tempo pasquale di rinnovamento, impegniamoci ad amare e apprezzare il magnifico dono della terra, nostra casa comune, e a prenderci cura di tutti i membri della famiglia umana. Come fratelli e sorelle quali siamo, supplichiamo insieme il nostro Padre celeste: “Manda il tuo Spirito e rinnova la faccia della terra” (cfr Sal 104,30).

Non a Spese del Paesaggio, per Favore

RINNOVABILI ELETTRICHE INTERMITTENTI

Dodici associazioni ambientaliste tornano ad esprimersi contro l’annunciata proliferazione delle pale eoliche sui delicati crinali dell’Italia e delle distese di pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli. “Bene il Green Deal – dicono- ma non al costo di sacrificare il paesaggio, bene primario per la Costituzione che ne sancisce la tutela all’articolo 9, insieme a quella del patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Italia Nostra, Mountain Wilderness, Pro Natura, Amici della Terra, CNP, Wilderness Italia, Comitato per la Bellezza, Altura, Movimento Azzurro, Salviamo il Paesaggio, Gruppo San Rossore e Assotuscania sono contrari alla proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, di introdurre una Commissione di VIA semplificata per le energie rinnovabili.

Denunciano la campagna di delegittimazione delle Soprintendenze e delle politiche di tutela del paesaggio, in atto da qualche mese, da parte dell’ANEV, l’Associazione delle imprese che producono energia eolica, impropriamente riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente come associazione ambientalista. L’ANEV ha acquisito un peso crescente nelle decisioni sulle Energie Rinnovabili, grazie ai profitti realizzati dai propri associati negli ultimi dieci anni di sovraincentivazione delle pale eoliche, e riesce a sollecitare in difesa dei propri interessi parti della politica e dei media, coinvolgendo persino alcune associazioni ambientaliste, pretendendo che esse siano rappresentative di tutto il movimento.

Le associazioni firmatarie, invece, considerano con preoccupazione l’incremento indiscriminato delle rinnovabili elettriche che prevede, di qui al 2030, di raddoppiare le pale eoliche e di tornare ad occupare i terreni agricoli con gli impianti fotovoltaici. Pensano che la realizzazione del Piano nazionale integrato Energia e Clima non debba scavalcare gli unici organi dello Stato rimasti a difendere il Paesaggio, la cui tutela è inserita tra i principi fondamentali della Carta Costituzionale (art. 9). Precisano che in nessun caso possa essere considerato ammissibile sacrificare i suoli coltivabili alla riduzione del CO2, né è pensabile sfigurare tutte le nostre montagne e i crinali con pale eoliche gigantesche, alte fino a 180 metri e tali da mettere a rischio l’avifauna.

Considerando che nessuna azione umana è priva di “impronta ambientale”, le associazioni firmatarie auspicano che il Green Deal europeo in difesa del clima globale consenta di scegliere tecnologie e modalità sostenibili per l’ambiente ma anche per il territorio e per il paesaggio.

Chiedono quindi di escludere gli impianti fotovoltaici a terra, di individuare con precisione le superfici edificate adatte, urbane e industriali, e di favorire la loro copertura con pannelli fotovoltaici, e di vietare la proliferazione indiscriminata di impianti eolici devastanti.

http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2059#.XnIoc5lldeM.gmail

 

Viaggio all’interno del mondo di parchi, riserve e siti natura 2000 della Sicilia

Catania, 02/03/2020

Viaggio all’interno del mondo di parchi, riserve e siti natura 2000 della Sicilia

Il Movimento Azzurro Regione Sicilia comincia una rubrica di approfondimento sul variegato mondo delle Aree Naturali Protette di Sicilia; si tratta di 5 parchi regionali, 1 parco nazionale, 77 riserve terrestri, 6 aree marine e oltre 250 siti natura 2000 (ZPS e SIC) che occupano circa il 10% del territorio della nostra isola. Un vero e proprio viaggio critico, che ci porterà a scoprire luci ed ombre nell’operato dei soggetti ai quali la Regione Siciliana ha affidato l’importante compito di vigilare sul rispetto dei valori istituzionali di ciascuna area protetta e nel contempo di divulgarne le conoscenze e le eccellenze attraverso attività di accoglienza e accompagnamento.

Pertanto, più che sull’importante e ricco patrimonio di biodiversità custodito dalle aree protette, richiameremo l’attenzione soprattutto sulle eventuali disfunzioni nelle attività connesse alla loro tutela e conoscenza da parte dei soggetti che hanno assunto il delicato e importante compito della gestione del nostro vastissimo patrimonio naturale. A scanso di equivoci, va subito detto che i soggetti incaricati della gestione di aree protette non svolgono l’incarico affidato gratis su basi di volontariato, ma giustamente ricevono dalla Regione Siciliana risorse per personale e lo svolgimento di attività varie, quali vigilanza, accoglienza e accompagnamento dei visitatori, ricerca e divulgazione delle conoscenze.

Il primo impatto all’avvio del nostro viaggio è la visione di un mondo agonizzante, praticamente abbandonato a sé stesso. Vigilanza poca o addirittura assente, per non parlare delle attività di accoglienza e di accompagnamento dei visitatori. Difficilissimo incontrare personale delle riserve, i direttori e gli operatori non li troviamo sul campo ma nelle sedi degli enti di gestione; in compenso abbondano le minidiscariche abusive.

La sensazione che ne ricaviamo non è delle migliori. Sembrerebbe che la maggior parte delle aree protette, sia che si tratti di parco o di riserva piuttosto di area marina, per non parlare dei siti natura 2000, abbiano perso completamente di vista i propri scopi per le quali sono state istituite e con il tempo siano divenute altrettanti soggetti completamente avulsi dal mondo che li circonda, perdendo completamente i contatti con il territorio e le sue comunità. Purtroppo sorge legittimo il sospetto che molte di esse oggi si limitano a sopravvivere con l’unico scopo di mantenere il privilegio di far incassare ad una ristretta cerchia di soggetti le hanno in affidamento il foraggiamento elargito dalla Regione Siciliana. In verità, di tanto in tanto gli enti di gestione si limitano a fare qualche iniziativa, anche se spesso tanto fumosa quanto autoreferenziata. Troppo poco. In ogni caso le comunità interessate non vengono in nessun modo coinvolte nelle attività di un’area protetta, ma ne subiscono solo il peso di una presenza che diviene sempre più ingombrante.

Una situazione assurda anche perché parchi e riserve, dotati di personale e di risorse economiche, avrebbero dovuto svolgere attività di tutela e di fruizione sostenibile, rappresentando nel contempo il volano per l’avvio dello sviluppo sociale ed economico del territorio. Invece si sono perse tante possibilità, non ultima quella rappresentata dalla rete ecologica siciliana. Così si va ineluttabilmente verso il disastro dell’intero sistema. Nella nostra rubrica denunceremo le magagne e le situazioni che non vanno. Per il bene della Sicilia e dei siciliani.

Notizia freschissima: la Guardia costiera di Porto Empedocle (Agrigento) ha apposto i sigilli agli accessi alla Scala dei Turchi di Realmonte. A disporre il sequestro è stato il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha anche iscritto nel registro degli indagati Ferdinando Sciabarrà che è catastalmente proprietario di una grossa parte dell’area. L’ipotesi di reato che viene contestato dalla magistratura è di occupazione di demanio pubblico. Siamo in presenza di un sito, che appartiene all’umanità ma è poco tutelato così come la gran parte delle aree protette in Sicilia.

 

Nello Russo

Coordinatore Movimento Azzurro Regione Sicilia